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Colledara
- aggiuntovi: Da Colledara a Firenze
Fedele Romani
R. Bemporad & Figlio, 1915, pagine 335

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   avevano lasciato nessun ritratto, neppure uno di quei dagherròtipi che, negli ultimi anni della loro vita, già s'erano resi abbastanza comuni, anche nei piccoli paesi, per opera di artisti girovaghi. Il nonno, mi dicevano i genitori, era un uomo simpatico, senza barba, secondo la moda del settecento e un po' in contrasto con quella del tempo in cui si svolse la seconda e principale parte della sua vita, nel quale le barbe cominciavano a ondeggiare, quelle barbe che eccitavano la stizza del Leopardi. Egli era, inoltre, un po'faceto, un po'chiacchierone, e di buon cuore, e non senza un certo principio di disposizione per un qualsiasi sentimento artistico. Usciva da una famiglia di gente operosa, che erano arrivati col lavoro a procurarsi una certa agiatezza e a primeggiare nel villaggio : una famiglia di lavoratori della terra e di piccoli negozianti ; ma tanto lui quanto i suoi fratelli credettero, con quella piccola porzione di patrimonio che toccò a ciascuno alla morte del padre, di poter vivere senza lavorare, di fare i signori. E si dettero anch'essi a quella vita di signorotti di villaggio, piena, per lo più, di faccende oziose, non richiedendo l'amministrazione dei piccoli patrimonii tutto il lavoro della giornata: s'aggirano per casa (quando non perdono il loro tempo giocando e bevendo), incresciosi e pesanti a se stessi ed agli altri, e sfogano la loro energia urlando e rimproverando, e intralciando in mille modi il lavoro delle povere donne, piene di operosità rassegnata e d'abnegazione. E così si veniva formando anche a Colledara quella spostata borghesia di campagna, che matura nell' ozio la propria fine.
   Un bel giorno, il mio nonno si divise dai suoi fratelli e pensò di edificarsi una casa per sè. E seppe scegliere la posizione più bella: lasciò il Colledara basso dov'egli era nato, e fabbricò la nuova casa a Capo di