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Colledara
- aggiuntovi: Da Colledara a Firenze
Fedele Romani
R. Bemporad & Figlio, 1915, pagine 335

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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[ Testo della pagina elaborato con OCR ]

   Ma, una mattina che il nonno era andato a Tossicia, capoluogo del Circondario (come dicevano allora, nel Regno di Napoli, per Mandamento), ecco arrivare trafelato un corriere il quale disse a mio padre che il giudice (poi chiamato pretore) lo voleva d'urgenza. Egli ubbidì in fretta ; ma, invece di una questione giudiziaria, come si aspettava, essendo avvocato; trovò il padre suo disteso sul letto del giudice, col rantolo dell' agonia per una apoplessia fulminante che l'aveva colpito mentre parlava tranquillamentè col magistrato. Egli non dava più segno di vita, e solo aveva dei movimenti meccanici; e così, senza dir parola, e senza riconoscere il figlio, dopo poche ore mori, e fu sotterrato nel Convento di Tossicia.
   Mia madre era in cucina a preparare la pasta pei maccheroni, quand'ecco sente, sul selciato davanti alla casa, risonare il passo della giumenta di famiglia. Era mio padre che tornava con la lugubre notizia. Appena a capo alle scale, la comunicò turbato e a voce bassa a mia madre. Ella gettò un grido : il grido fu sentito dalla nonna, la quale, con la curiosità sospettosa propria dei malati, volle sapere che fosse accaduto ; e, ti per lì, bisognò inventarle una storia. Ma, quando conobbe la verità, il suo stato si fece più grave, e morì dopo non molto. Correva l'anno 1853.
   Morta che fu la nonna, il garzone e un soccio, ossia un contadino di casa, furono incaricati di vestirla. Essi, per compier meglio la loro funebre operazione, la sollevarono e la posero quasi a sedere sul letto. Ma, in questi movimenti del cadavere, un po'd'aria che gli era rimasta nei polmoni venne fuori dalla bocca col suono d'un lungo straziante sospiro. Quei due poveretti, terrificati fino alla demenza, lasciarono ricadere pesantemente il cadavere e fuggirono urlando; nè ci fu verso di ferii più rientrare