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Colledara
- aggiuntovi: Da Colledara a Firenze
Fedele Romani
R. Bemporad & Figlio, 1915, pagine 335

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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[ Testo della pagina elaborato con OCR ]

   Tali erano le persone vissute in casa nostra negli anni che avevano preceduto immediatamente la mia nascita, ed erano morte senza che io l'avessi potuto conoscere. Sentivo però la loro anima che viveva e parlava ancora con noi per mezzo di quegli oggetti che erano loro appartenuti, per mezzo di mille piccoli ricordi, di mille loro frasi e modi di dire e sentenze, che erano la sintesi di tutta la loro mente, la quale viveva così di una vita nuova, più semplice e più sicura della prima. E, per quel che riguarda papà grosso, la sua anima viveva più pienamente, solidificata e fissata in quella casa dalle mura inutilmente massicce come quelle di una fortezza, dalla scala che occupava un terzo di essa, con gradini così alti e incomodi, che parevano fatti per le gambe di un gigante, e dal cornicione enorme. E, mentre fantasticavo attorno alle persone e le rendevo più nobili e grandi, non esercitavo meno quelle mie facoltà che dirò epiche, dietro i fatti principali che erano accaduti poco prima ch'io nascessi, e dei quali più spesso sentivo discorrere in casa e fuori. Fra cotesti fatti primeggiava di gran lunga il cosiddetto eccidio di Brozzi. Esso aveva riempito di maraviglia e di terrore tutta la regione.
   Brozzi è un paesello della provincia di Teramo, posto sulle colline montuose che sorgono al di là di Mon-torio al Vomano. Una delle famiglie più ricche del villaggio, o forse la più ricca, era quella dei Mercante, ed avevano la casa non proprio nel paese, ma a una certa distanza da esso. La sera tardi del 15 dicembre 1848, fu picchiato insolitamente alla loro porta. Il capo della famiglia si affacciò con qualche precauzione. — Chi è? — Signor padrone, — rispose una voce, ed era quella