di lui, che rivolgeva ogni tanto uno sguardo di compassione a quelle teste di rapa.
Tutti, tranne il capitano, avevano le scarpe ferrate di grossi chiodi ; e, quando sfilavano, marcando il passo, sul selciato davanti a casa nostra, mentre il capitano precedeva camminando all'indietro, fiero dell'opera sua; si sentiva un rumore di ferro e di selce, che avrebbe dovuto spaventare, senza colpo ferire, centomila briganti.
Ma i briganti lasciavano fare, e proseguivano l'opéra loro senza darsi pensiero di quelle che per loro eràn ragazzate. Ciò non dice, per altro, che, ove lo credessero opportuno, non impartissero qualche buona lezione a quei truculenti e minacciosi drappelli.
Una notte, il suono d'un tamburo che batteva la marcia si fece sentire nei pressi del Corpo di Guardia di Tossicia. 11 suono s'avvicinava sempre più, e finalmente fu davanti alla porta, che era chiusa. — Chi v'ha là? — gridarono di dentro i militi della guardia, destati al rumore. — Siamo la forza. Viva l'Italia! — Quei di dentro credettero che fossero i soldati e aprirono. Era, invece, una masnada di briganti. Come tigri assetate di sangue si gettarono su quegli infelici, e quanti ne trovarono, tanti ne uccisero accanto alle loro inutili armi.
Tali fatti accrescevano sempre più il terrore negli animi di tutti ; e tutti, anche quelli non ascritti alla Guardia, sentivano il bisogno di unirsi, affratellarsi, armarsi per difendersi al bisogno, o almeno per diminuire o nascondere la paura, e ingannar in certo modo se stessi con fieri preparativi di difesa.
Le case si riempivano di fucili e di munizioni: i vecchi fucili a pietra focaia si cambiavano con quelli più nuovi a capsula ; alcuni trovavano modo di provvedersi anche di qualche bomba. In casa mia ne acquistarono