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Colledara
- aggiuntovi: Da Colledara a Firenze
Fedele Romani
R. Bemporad & Figlio, 1915, pagine 335

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   mente nuovo cominciava a notarsi anche in quei villaggi. Le dure repressioni dei brigantaggio, il rigore nuovo con cui erano perseguitati i delitti e con cui veniva applicata la legge, cominciava ad apportare una qualche modificazione nei costumi un po'sanguinarli dei nostri contadini. Prima della rivoluzione, si può dire che, ogni domenica, o per ragioni di donne, o più spesso per via del giuoco detto la passatella, si vedeva sotto le nostre finestre, trasportato a braccia, su di una sedia, o su di una scala, passar qualche ferito tutto intriso di sangue. Serbo ancor vivo, in modo speciale, il ricordo di quei che toccò a un contadino chiamato Moisè. Al giuoco appunto della passatella, era venuto a parole con un compagno di partita; ma s'era poi fatta, almeno in apparenza, la pace. E, poco dopo, essendo, come vuole il giuoco, stato invitato a bere, egli vuotava a gran sorsi il boccale di vino cotto, quando senti sulla nuca come un'impressione di solletico fatto con le dita. Egli credè che qualcuno dei compagni, per impedirgli, scherzando, di bere, lo stuzzicasse a quel modo; e continuò imperterrito a bere. Nello stesso inganno cadevano i compagni ; ma due larghe striscia di sangue che scendevano dalle spalle sul petto di Moisè, rivelarono a un tratto la verità. Quell'impressione di solletico era prodotta da un rasoio col quale il compagno poco prima offeso si vendicava segandogli il collo. Il rasoio ha il taglio dolce, e lì per lì non si sente. Rivedo ancora il povero Moisè, un contadino intelligente e un po' più civile degli altri e molto affezionato a noi ragazzi, lo rivedo ancora, quando passava sotto casa nostra sostenuto da due suoi amici, con quei suoi due rossi rivi di sangue ai lati del petto, li taglio era stato profondo ed aveva reciso il collo quasi fino alle carotidi. — Una bocca d'inferno, — dicevano, nel loro linguaggio