fanciullezza, ricercata attivamente nella Campagna romana, dov'essi si recavano in folla, ogni anno, per guadagnar meglio la vita, e donde riportavano, ogni anno, come premio, le febbri palustri. E io li vedevo spesso errare con la testa fasciata (segno di malattia nei nostri contadini), pallidi, macilenti, desolati di doversene stare così senza far nulla.
Anche nella milizia, per affermazione di tutti gli ufficiali che ho interrogati su tale argomento, i contadini abruzzesi si sono sempre fatti notare per profondo sentimento di disciplina, per la svegliatezza della mente e per la resistenza e la disposizione alla Mica.
Ho detto sopra che il nuovo ordine politico aveva portato una certa modificazione nei costumi. Ciò nonostante, durò l'uso della passatella e delle sbornie domenicali. Ma le tempeste trovavano, il più delle volte, tutto il loro sfogo nelle bestemmie. Il contadino abruzzese ha scarsa facoltà inventiva per riguardo alle bestemmie, e non può stare neppur di lontano al paragone di certi cittadini italiani che si son resi famosi per questo riguardo: le sue bestemmie sono poche e monotone e si formano per lo più mettendo un per davanti al nome di Cristo, della Madonna o del Padre Eterno, senza sorprese e inaspettati giuochi di fantasia. Ci sono anche le offese al padre e alla madre dell'avversario, ma son meno frequenti di quel che non si faccia in qualche altra regione. Frequenti, invece sono le minacce di cannibalismo che fortunatamente non hanno poi seguito : « mi ti mangio ; mi ti mangio il fegato; mi ti mangio il cuore »: segno manifesto che i nostri primi padri tennero un giorno quei due visceri come i bocconi più prelibati del corpo umano. La bestialità che prima regnava superba nell' atto, si è rannicchiata, prima di morire, nell' umiltà della semplice parola.