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Colledara
- aggiuntovi: Da Colledara a Firenze
Fedele Romani
R. Bemporad & Figlio, 1915, pagine 335

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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[ Testo della pagina elaborato con OCR ]

   minestre, condite con aglio e pezzetti di lardo soffritti, mi sembravano tanto pių buone di quelle che erano portate alla nostra tavola, e quasi mi pareva che fosse in esse il segreto di quella forza che rendeva cosė muscolose le braccia dei contadini.
   Quando ripenso a mia madre, io non rivedo quasi mai la sua figura in atteggiamento di quiete, ma pių ordinariamente essa mi si ripresenta mentre saliva le scale tornando su dal fondaco o dalla cantina, che avevano le loro porte nell'andito del portone, carica di grossi pani, di uova, di un boccale di vino e di ogni specie di provviste per <1 desinare. Risento ancora il respiro affannoso di quella donna infaticabile. Spesso la seguiva la serva, carica anch'essa d'ogni ben di Dio; ma la serva non avrebbe potuto andar sola, nč al fondaco, nč alla cantina, perchč avrebbe probabilmente rubato o mangiato qualche cosa, o, forse anche, si sarebbe ubriacata.
   Non sempre questa attivitā di mia madre si esplicava solo dentro le mura della casa. A volte, mentre il grano o il granturco era steso ad asciugare al sole su dei copertoni, davanti a casa; il cielo d'un subito, si rannuvolava e cominciava a brontolare cupamente: bisognava correre a chiamar gente, eccitare, sorvegliare il lavoro; e mia madre, allora, la si vedeva in campo a dare ordini concitati alla gente, che raccoglieva in fretta e annodava i copertoni. Com' era bella cosė scamiciata, come la voce del temporale l'aveva sorpresa in casa, con le lunghe maniche della camicia rimboccate, che mostravano le belle braccia, e col fiscių, gettato in furia sulle spalle, che si agitava al vento! E tutti obbedivano con fretta rispettosa ai suoi ordini. Dopo che noi, suoi figliuoli, co-minciammo a vivere per ragione di studii gran parte dell'anno in qualche cittaduzza vicina, al veder nostra ma-