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Colledara
- aggiuntovi: Da Colledara a Firenze
Fedele Romani
R. Bemporad & Figlio, 1915, pagine 335

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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[ Testo della pagina elaborato con OCR ]

   un avvocato fuori di posto. È vero che i suoi concittadini, riconoscendone il merito, lo vollero, si può dire, sindaco a vita, e consigliere provinciale; ma queste cariche non facevano che accrescere le ragioni delle spese e diminuire quelle del guadagno. Perciò mio padre si trovava spesso in strettezze, che egli nascondeva gelosamente a noi figli e confidava solo a nostra madre. Il fondaco e la cantina erano, è vero, sempre ben provvisti; ma ci poteva essere il caso, in quei paesi, allora, quasi del tutto privi di commercio, d'affogar nella roba e non aver un soldo. E, anche a venderle, le rendite non portavano gran vantaggio, perchè costavano poco. E il governo, con l'abituale cecità livellatrice della stupida burocrazia, metteva le tasse come se le derrate fossero costate molto.
   La rendita principale era quella del vino. Nei primi anni della mia vita, s'usava, in generale, il vino cotto. Il mosto si faceva bollire in una gran caldaia di rame e poi si metteva nella botte ; ma veniva per lo più tagliato con una certa quantità di mosto crudo. L'uso di cuocere il vino derivava dal bisogno di renderlo più resistente e capace di affrontare i calori dell' estate ; e allora non si conosceva nei miei paesi altro metodo. Ma più tardi i sistemi si perfezionarono alquanto, e cominciò a rendersi più comune l'uso del vino crudo, specialmente d'un vino rosso cupo, e quasi nero, chiamato da noi, non so con quanta precisione, Montepulciano. Mio padre fu il primo a introdurne dalle nostre parti i magliuoli, che gli furono regalati da un suo amico di Popoli, cittadina della provincia di Aquila. Poi a poco a poco se ne estese la coltivazione, e tutta la contrada si vesti di vigne di Montepulciano. Ma i proprietarii non hanno mai cercato di mettersi d'accordo per fabbricare un tipo co-