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a cura di Federico Adamoli Aderisci al progetto!
Non minore era il mio divertimento, quando, in luogo di qualche rozzo contadino, me ne stavo ad ascoltare la conversazione di qualche borghesuccio, più o meno ricco e tondeggiante. Mio padre, tranne in quei casi che si lasciava andare a una faceta familiarità, parlava sempre l'italiano. E il signorotto che discorreva con lui, per non parer da meno, tentava d'imitarlo; ma le forze non sempre l'assistevano, e bisognava vedere che stento alle volte e che fatica! e che comici spropositi risonavano tra i muri di quel piccolo studiolo! Credo che ne ridesse lo stesso Napoleone. Uno di questi tali clienti attirava in modo speciale la mia curiosità a cagione della lentezza presso che incredibile con cui parlava, per aver tempo di trovare il vocabolo desiderato e non compromettersi. Tra una parola e l'altra passava forse un buon minuto ; e quegl'intervalli di silenzio erano spesso riempiti da qualche mio sottile scoppiettio di riso mal represso. Poi, alla fine, il povero cliente, dopo tanti sforzi per mettere insieme un periodo in lingua, chiudeva rapidamente, stanco rifinito, con una frase dei più basso dialetto ; e il frutto di tanti sudori se ne andava così in fumo a un tratto. Un preposto (che veniva spesso per le sue eterne liti con i contadini della parrocchia, i quali gli rubavano le legna, spesso di pieno giorno, sfacciatamente) era singolare per il costante saluto che gridava a nostra madre, appena arrivato a capo alle scale: — Mille buongiorni, signora comare! — E non se ne andava senza ripetere, immancabilmente: — Conservatevi, signora comare! — Egli aveva lo scilinguagnolo sciolto; ed, essendo fornito di qualche studio, parlava abbastanza bene l'italiano. Ma io mi fermavo a notare, più che altro, la sua strana ricchezza d'interiezioni ammirative, che si succedevano rapide, d'una rapidità crescente, e parevano i colpi d'una |