Stai consultando: 'Colledara - aggiuntovi: Da Colledara a Firenze', Fedele Romani

   

Pagina (65/336)       Pagina_Precedente Pagina_Successiva Indice Copertina      Pagina


Pagina (65/336)       Pagina_Precedente Pagina_Successiva Indice Copertina




Colledara
- aggiuntovi: Da Colledara a Firenze
Fedele Romani
R. Bemporad & Figlio, 1915, pagine 335

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

Aderisci al progetto!

   
[Home Page]




[ Testo della pagina elaborato con OCR ]

   avevo qualche notizia di dove soleva prendere pių volentieri il sole la tal lucertola, dove mandare il suo ostinato e malinconico grido la tale strige. E avevo conoscenza e amicizia con molte piante che mi porgevano affettuosamente i loro rami quando mi arrampicavo per gustare i loro frutti deliziosi. Ma in modo speciale io conoscevo i segreti di due orneili, che si ergevano a fianco della casa coi loro alti e lisci fusti, con le loro chiome lussureggianti, e con le liete e rumorose famiglie di uccellini a cui davano fresco e sicuro alloggio. Attraverso i loro rami e le loro fronde spesso parlava la luna, spesso parlavano le stelle a me che sedevo pensoso in un sedile di pietra posto di faccia; e, mentre guardavo quei rami e quelle fronde che si profilavano nere sul cielo, e mentre li venivo fissando sempre pių, spesso accadeva che essi si accordassero e unificassero coi miei pensieri, e ne divenissero la forma visibile e, dirō cosė, l'incarnazione.
   Non so esprimere il dolore che provai il giorno che mio padre, avendo bisogno di due antenne per un palco da muratori, fece recidere quei due orneili, in cui, insieme ai miei pensieri e ai festosi uccellini, abitava anche l'anima del nonno che li aveva piantati. Al loro posto rimasero, č vero, due robusti polloni, che dovevano, crescendo, poi farne le veci; ma essi, per quanto poi si sforzassero con sorrisi e lusinghe di acquistarsi il mio affetto, non ci riuscirono mai pienamente: la loro voce non era quella dei padri loro; nč essi sapevano dirmi le stesse cose per quanto si provassero, a volte, pietosamente a ripeterle.
   E, se c' erano tante piante che amavo, ce n' era anche una per cui provavo, pių che amore, un sentimento quasi di venerazione; ed un'altra che mi destava una profonda ripugnanza e forse anche paura. La pianta venerata era