Stai consultando: 'Colledara - aggiuntovi: Da Colledara a Firenze', Fedele Romani

   

Pagina (66/336)       Pagina_Precedente Pagina_Successiva Indice Copertina      Pagina


Pagina (66/336)       Pagina_Precedente Pagina_Successiva Indice Copertina




Colledara
- aggiuntovi: Da Colledara a Firenze
Fedele Romani
R. Bemporad & Figlio, 1915, pagine 335

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

Aderisci al progetto!

   
[Home Page]




[ Testo della pagina elaborato con OCR ]

   la cosiddetta quercia di Farinelli, vecchio quercione maestoso a cui i secoli avevano scavato a poco a poco le viscere. Essa vive ancora; e la sua circonferenza, specialmente alla base, è così vasta, che nell'interno possono abitare comodamente alcuni maiali. La buona quercia fornisce loro il nutrimento con le sue ghiande e il ricovero con le ampie cavità delle sue viscere. Ma non è molto lontana la sua fine : le sue braccia e le sue chiome si vanno facendo sempre meno ricche e meno lunghe, e già non rispondono più alla ventraia.
   Il proprietario di cotesto albero venerando era Pao-luccio. Dicevano che il suo vero mestiere fosse quello del falegname; ma, in realtà, egli esercitava quasi tutti i mestieri : accomodava orologi, ombrelli e tutti gli utensili di casa e di campagna; metteva i vetri alle finestre; saldava i metalli: personaggio importantissimo in quei villaggi dove mancavano quasi del tutto gli artigiani.
   E questo Paoluccio trovava il tempo non solo di esercitare i suoi cento mestieri, ma di salire e scendere infaticabilmente le scale degli avvocati, delle conciliazioni, delle preture e dei tribunali: egli aveva la febbre, il furore delle liti e dei giudizi ; e, quando non trovava più da intentar cause per conto suo, comprava le cause degli altri per non restar privo di quel nutrimento indispensabile alla sua vita. La lite giudiziaria serviva a dare un giornaliero punto d'appoggio alle sue speranze, a tener deste e vive le sue facoltà intellettuali ; e guai a chi toccava di trovarsi in lotta con lui. Egli tendeva a distruggere l'avversario: l'avvolgeva, lo spremeva con le mille spire del suo instancabile accanimento, e non lo abbandonava, se non quando lo vedeva incapace a più muoversi.
   Paoluccio veniva spesso a casa nostra tanto per ra-