mura cittadine. Nelle città il suono delle campane si perde ignobilmente tra il rumore della vita, tra i fischi dei tram, tra lo scalpitio dei cavalli, tra le grida dei rivenditori e le bestemmie dei vetturini; pochi loro badano, pochi le ascoltano ; e i più maledicono la loro voce e le loro grida insolenti e pettegole, e si turano gli orecchi per non ascoltarle. Ma quella stessa voce, causa di disturbo e d'imprecazioni, se arriva a varcare il limite estremo di quei rumori che la ricoprono o snaturano, e s'allontana lentamente nei campi, riprende i suoi diritti come per prodigio, e si veste anch' essa, come la voce dell' umile e solitaria chiesa del villaggio, di profonda e soave poesia; e saluta, con tenere parole d'amore, il pellegrino che parte o ritoma.
Risento ancora la misteriosa voce della campana di S. Paolo, che annunziava l'alba : i suoi tocchi erano leggieri e smorzati; qualcuno se ne perdeva ogni tanto; e pareva provassero dolore di dover richiamare all'angoscia quotidiana i lavoratori stanchi, che in quell'ora più che mai sentivano serpere per tutta la persona un' ineffabile necessità di sonno e di riposo. I tocchi che annunziavano l'alba, erano in realtà gli stessi di quelli della sera, sia per il timbro, sia per il numero e per il modo com'erano divisi e aggruppati: prima tre, poi quattro, poi cinque, poi finalmente uno. Eppure quanta diversità di sentimenti in quelle due ore estreme del giorno erano suscitati da quelle voci, per se stesse, così eguali fra loro ! E io pensavo talvolta al sublime spettacolo di quel suono che di vetta in vetta, di valle in valle precorreva o seguiva il cammino glorioso del sole, fasciando tanta parte del globo, in duplice e inversa direzione, dell'eterna risonanza d'un saluto pieno della più profonda musica d'amore.