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Colledara
- aggiuntovi: Da Colledara a Firenze
Fedele Romani
R. Bemporad & Figlio, 1915, pagine 335

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   vita cittadina: a questo contribuisce, tra l'altro, l'importanza che assume la chiesa e le sue funzioni, e la monotonia della vita in genere. AI tempo della mia fanciullezza s'aggiungeva l'uso, ancor comune nei villaggi, di portare a sotterrare i morti col viso scoperto, o, ma di rado, coperto d'un velo molto trasparente. Mi ricordo ancora la curiosità paurosa con cui dalla finestra io solevo fissare quelle teste che tentennavano e quei visi improntati a un'espressione che non avevo loro mai conosciuto in vita: era, dirò così, la strana espressione del viso che non ha più nessuna espressione: non era ira, non era dolore, non era sorriso, non era orgoglio, non era soddisfazione, non era pace; non era nessuna di queste cose : era la morte. A ognuno pareva di trovarvi un'espressione secondo la propria fantasia: chi diceva ehe il morto pareva dormisse; chi, che sorridesse; chi, die mostrasse l'angoscia dell'ultimo istante; ma la verità era che il morto aveva un'espressione la quale nella vita non esiste. Solo in chi dorme lampeggia a volte la strana aria del viso che per noi non esprìme più nulla; e perciò, a fissar bene un viso di persona dormente, par qualche volta di vederlo a un tratto sotto un aspetto del tutto nuovo, e si sente correre per la vita un vago senso di terrore.
   Ma in nessun momento la campana grande di S. Paolo mi riempiva l'anima di sentimenti così vasti e sublimi, come quando essa sonava a distesa per scongiurare la minaccia del temporale. La campagna è tutta bionda ed odorosa di mèssi mature; l'uva e l'oliva hanno già allegato; ed ecco, a un tratto, il cielo si fa scuro di cupi nuvoloni, e qua e là stranamente biancastro e gialliccio. Monte Corno, col capo e gran parte della fiera persona nascosta tra le nuvole, urla parole terribili d'ira e di