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Colledara
- aggiuntovi: Da Colledara a Firenze
Fedele Romani
R. Bemporad & Figlio, 1915, pagine 335

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   non si può fare altrettanto, perchè le sue energie formano come un campo seminato di fresco, in cui non sia germogliato che qualche granellino di seme qua e là : oggi il campo pare ancora molle e brullo, e una bella mattina ci alziamo ed esso ha cambiato colore, come se la notte l'avesse tutto ricoperto d'un leggerissimo velo verde. Questa speranza che in Italia si può nutrire per tante forze che hanno l'impulso e la fede della giovinezza che vuol andare avanti e che sente di andare avanti, che vive nell'avvenire più che nel passato, mettono idealmente l'Italia al di sopra di tante nazioni che oggi sono a noi superiori, ma che non nascondono energie e promesse sconosciute. Le loro ricchezze sono depositate nelle banche e circolano e fruttano, molte delle nostre sono nascoste sotto terra e non fruttano; ma verranno presto anch'esse alla luce del giorno e frutteranno. E molti si guarderanno tra loro maravigliati e si domanderanno : « Dove ha preso l'Italia queste nuove ricchezze? »
   E molto io mi attendo dalla tenacia, dalla serietà e fermezza del carattere calabrese. I calabresi non hanno la leggerezza un po' troppo rumorosa e parolaia dei napoletani, sono riflessivi, di non molte parole e portati al ragionamento e, se si parla di persone colte, agli studii della filosofia. Molti che conoscono l'allegra loquacità dei napoletani potrebberp credere che andando più giù si dovesse trovare una popolazione sempre più rumorosa: invece trovano Una gente che si prepara sempre più al silenzio, alla contemplazione e diremo al nirvana degli orientali. I siciliani ancor più dei calabresi La parola pare che diventi spesso un peso per questa gente, e il gesto la supplisce; strizzar d'occhi, torcimenti di bocca, guizzi di muscoli facciali tengono spesso il luogo della parola. E qualche volta pare che pesi lo stesso gesto. Uno dei