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a cura di Federico Adamoli Aderisci al progetto!
ralì della splendida città. A queste visite che io ripetevo più e più volte, mi era stimolo l'arrivo degli amici che accorrevano a vedere l'esposizione dalla Calabria e qualcuno anche dall'Abruzzo; e non essendo sicuri di poter tornare così prestò a Palermo, volevano tutto vedere, tutto osservare prima di partire, e non rimandavano le visite al domani, come spesso sogliono fare quelli che son fissi in un luogo. Io ero lieto e superbo di mostrare ai miei amici la mia nuova residenza, e ammiravamo insieme le belle strade diritte e lunghe a perdita d'occhio che dividono in croce la città, i preziosi mosaici della Cappella Palatina, l'elegante Politeama, il Teatro Massimo, tra i più belli e più vasti d'Europa; da Monreale sentivamo sorgere dall'animo nostro con parole infinite un inno alla verdeggiante Conca d'oro, ricca di mobili e saltellanti splendori e del soavissimo profumo della zagara, che in primavera riempie tutta Palermo. Quando la mattina mi levavo e, aprendo la finestra, vedevo il cielo azzurro cupo brillare in tutta la purezza del suo bel colore e aspiravo quel delizioso odore del fior d'arancio, che, giungendo attenuato nelle vie della città, era ancora più inebriante, mi pareva che quel profilino fosse- il profumo dell'azzurro, il profumo di quel cielo; e sentivo rigermogliare e risbocciare nel mio petto tutti i fiori della mia prima, non lontana giovinezza. Quando uscivo, sempre accompagnato da quel profumo, sentiva dilatarmisi il petto e mi pareva d'andare avanti come portato da una forza ignota, che non era nelle mie gambe. Io capisco la nostalgia del palermitano che ne ha perduto intorno a sè la soavità, e capisco il subitaneo balzo del suo cuore quando, tornando dopo lunga assenza alla sua terra, sente dalla nave le prime ondate voluttuose e suggestive di quel profumo che vince il prò- |