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Colledara
- aggiuntovi: Da Colledara a Firenze
Fedele Romani
R. Bemporad & Figlio, 1915, pagine 335

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   miglia di generazione in generazione e si può attuare a (teatro dei nemico e di tutti i suoi congiunti presenti e futuri anche bambini, anche innocenti ; i siciliani non in-tendono, per quante io sappia, a questo modo la vendetta; ma se credono di essere stati dameggiati da qualcuno, specialmente per quel che riguarda i mezzi per mere, seno inesorabili contro £ lui. Tv mi fari u pane, essi dicono, e eu ti lem la vita. Parole di minacce a cui quasi sempre suol seguire l'effetto come al terribile giuramento sardo fatto incrociando tra loro il pollice e l'indice e anotando tra i denti wi feroce per Deul
   Del resto anche in Sicilia come altrove si può viver bene e non aver mai disturbi se non ci s'immischia negli affari del paese* se si lasciano stare più che si può le donne e specialmente le maritate; e soprattutto, se si ha un affido che lo comporti e te richieda, se lo si esercita ispirandosi sempre al sentimento della giustizia.
   I siciliani sono assetati di giustizia e quando si avvedono che un uomo è giusto, giusto davvero, finiscono per ritenerlo quasi in conto di un nume. Bisogna però salvare sempre la forma: i modi bruschi, dnri, aspri non sono mai scusati e perdonati dai siciliani: sto per dire che sopportano più volentieri un' ingiustizia rivestita di belle forme che un atto di giustizia accompagnato da maniere scortesi.
   Anche agli esami i giovani si rassegnano volentieri alle bocciature, quando volgono da un professore che ha riputazione di giusto. Ma bisogna saper bocciare: bocciare coi guanti. Guai se si dà appiglio al bocciato a risentirsi di manine e parole poco gentili. Dunque modi inzuccherati e andate avanti a occhi chiusi e mostrate soprattutto di non usare riguardi versa nessuno.
   Io non bo avuto in Sicilia mai nessuna noia agli