leggere l'opera in sè stessa, prendevo piacere a leggere i Paralipomeni, e tra questi mi fece spedale impressione la Metafisica dell'amore. Dopo questa lettimi, trovandomi a scuola a leggere la Francesca da Rimini, easa mi apparve a un tratto sotto nuova luce e mi parve di vedere che la teoria schopenhauriana era contenuta in germe nel concetto guinicelliano : a cor gentil.... ; anzi mediante la fiaccola dello Schopenhauer potevo comprendere, come lo comprese Dante, l'intimo senso di questo concetto, che serve a disporre a pietà l'arfima dell'altissimo poeta e a trovare l'ispirazione fondamentale del divino episodio. Allora servendomi «fella nuova concezione apparsa ai miei occhi e unendo ad essa le molte osservazioni che avevo già avuto occasione di fare sulla Francesca, scrissi d'un fiato il Secondo Canio dell'Inferno di Dante, pubblicato poi, più tardi, a Firenze, e ristampato nel 1902, nel volumetto Ombre e corpi.
Intanto cominciavo a fare anche per Palermo e per la Sicilia quello che era diventato ormai una specie & missione per me, voglio dire dar la caccia ai provincialismi. Avevo già messo insieme una buona lista di sicu-lismi e cominciavo già a studiarci su, quando avvenne un fatto die interruppe il mio lavoro, ma mi apportò d'altra parte vivissima consolazione.
Avevo preso parte a un concorso per lettere italiane al Liceo Mamiani di Roma. Non vinsi il concorso, ma fui classificato nel secondo posto; e c'era la condizione nel concorso che chi sarebbe risultato il secondo avrebbe avuto una sede notevole. Dopo un anno e mezzo che mi trovavo a Palermo, ero a dar gli esami di Licenza liceale, quando mi arrivò una lettera del Chiarini, allora Capo Sezione del nostro Ministero, nella quale egli mi diceva che io avrei forse potuto esser mandato in una
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