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a cura di Federico Adamoli Aderisci al progetto!
venne incontro disperata e gettandomi le braccia al collo: — Salvami i figlif — gridava — Salvami i figli! — Io non riuscivo ancora a capire cosa-fosse successo. Da parole rotte e confuse dei contadini che s'affollavano attorno a me e da notizie posteriori più tranquille e più sicure potei farmi un' idea di quel che era accaduto. Doveva venire a Golledara per la Gresima il Vescovo delle Diocesi riunite di Penne ed Atri; e sarebbe andato ad alloggiare in cast di quei nuca parenti, che erano i più agiati del villaggio. Bisognava scrivere a Teramo per te provviste necessarie ai pranzi vescovili ; e Vincenzo, così si chiamava il fratello scapolo, andò nella sua stanza per prendere la carta da lettera. Non pare che egli fosse un modello di ordine: in un eassetto del cassettone teneva contùsi insieme i foglietti, le buste e parecchi pacchi di polvere da caccia. E molta di quella polvere era sparsa fuori dei pacchi nel fondo del cassetto. Cominciava a farsi notte, e per trovare la carta egli ebbe bisogno di accendere un fiammifero. Il fiammifero era di cera, e si formò presto, come suole accadere, sulla sua punta quel fungo o chiodo, che poi, inchinandosi, come la testa di chi muore, si divìde dallo stelo incenerito e cade rimanendo per un istante ancora acceso e arroventato. Basto quella testolina e quell'istante perchè subitamente s'accendesse la polvere sparsa. Il fuoco, come era naturale, si comunicò ai pacchi, e tutto s'accese e scoppiò allo stesso tempo. |