tutto lo strazio di quei quattro giorni, e fu come il grido di protesta di quella fiera giovinezza improvvisamente e barbaramente spezzata.
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A Firenze era rimasto vuoto il posto di professore d'italiano al Liceo Dante, perchè era andato in pensione il Fomaciari, notissimo autore di grammatiche e di altri libri scolastici e Accademico della Crusca.
Alcuni toscani, che avrebbero desiderato quel posto e credevano d'averne la privativa, mostrammo di scandalizzarsi al vedere che esso dovesse venir occupato da un barbaro o, come dicevano, da un ciociaro, alludendo alla mia origine abruzzese, ma confondendo gli abitanti della Terra di Lavoro, per la solita profonda conoscenza della geografia che possiedono gì' italiani, con quelli dell'Abruzzo. Dove aveva seduto un Isidoro del Lungo, dove aveva seduto un Raffaello Fornaciari, doveva sedere chi?... Come si corrompono le istituzioni ! Era il vero caso di dire che la Suburra invadeva il Palatino. Ora, parliamoci chiaro: io non nego che se fossi stato un abruzzese puro e semplice, un abruzzese che non avesse mai messo il naso fuori della sua terra, che mi sarei trovato in qualche imbarazzo a presentarmi per insegnare l'italiano in una scuola di Firenze. Ma io avevo fotti gli studii uni-versitarii a Pisa e m'ero occupato in modo speciale di lingua e di provincialismi, argomento sul quale avevo già pubblicato tre lavori, e i lavori non rappresentavano mio tutto quello che io avevo imparato e sapevo in fatto di lingua e di dialetto. Insomma ero un abruzzese addestrato, che aveva già fatto oggetto di studio il mio stesso linguaggio e la mia stessa pronunzia e conoscevo tutti