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a cura di Federico Adamoli Aderisci al progetto!
liari colloqui, ma con tutte le strade, tutte le facciate delle case, tutte le botteghe. Bisogna aver visitato molte altre città per poter gustare profondamente quella misura elegante, quel tanto e non più che si manifesta in ogni concezione fiorentina, in ogni edifizlo, in ogni costruzione, per quanto in altri riguardi difettosi, e fin nel colore dato alle case e alle persiane, e continua a manifestarsi ad onta di ogni profanazione, di ogni ostentazione di novità e di barbarie. Io non potevo persuadermi d'esser finalmente arrivato a quella sede che aveva formato per tanti anni la mia segreta aspirazione, la mia mèta, la mia Penelope di cui non ardivo di credermi degno; e andavo ripetendo a me stesso: — Tu ci sei; tu ci sei. — E allora tutta la mia lunga odissea, tutte le mie sofferenze, tutte le mie fatiche mi parevano ben poca cosa davanti al premio. Il mio viaggio mi pareva un necessario viaggio di espiazione e di purgazione e che avesse qualche somiglianza col viaggio di Dante, che passa attraverso-1'Inferno e il Purgatorio per rendersi degno del Paradiso. Sentivo chè io ero tornato alh mia vera patria: a quella cioè che si riferisce non a quest'ultima mia vita breve ed effimera, ma alla vita dei secoli, che io ho certamente vissuta e della quale la storia ha risvegliato in me il ricordo. Colledara è la mia piccola patria della mia piccola ultima vita; Firenze è 4a gran patria della mia vera e grande vita. Come a Colledara in ogni stradetta dei campi, in ogni piccola capanna, in ogni suono di campane, in ogni verdeggiare d'albero o di siepe, in ogni mormorio di acque, in ogni canto di giovinette, in ogni caldo profumo di cucina a mezzogiorno, io mi sento l'anima illuminata e inebriata di poesia' e di ricordi, così qui a Firenze non c'è strada si può dire, non c'è casa, non c'è piazza, non c'è chiesa dove io non ricordi d'aver udito o veduto un |