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a cura di Federico Adamoli Aderisci al progetto!
Quel sentimento di giusta misura in ogni artistica concezione fiorentina, nel disegno, nella forma, nel colore, sentimento che formava il carattere fondamentale di quest'arte ed era non povertà, ma forza rattenuta e feconda, è divenuto piccineria, grettezza che inaridisce e dissecca tutte le forme della vita. Non è più l'avarizia che brama, l'avarizia nel senso di Dante, ossia la lupa che dopo il pasto ha più fame che pria, ma quella più assai meschina che teme sospettosa ogni larghezza e vede nel denaro non un mezzo, ma un fine. Agli operosi entusiasmi per luminosi ideali di gloria è successo l'inerte scetticismo e la barzelletta e il sorriso di scherno, che ghiaccia l'anima e paralizza i suoi voli. Non più la sintetica brevità del linguaggio di Dante e di Dino, ma i pomposi e inutili avvolgimenti d'un sonoro vaniloquio. Surrogata l'avida instancabile curiosità che è scorta alla scienza dal misero pettegolezzo senile. La nostra mente, come le nostre vene, è sempre piena di qualche cosa: se non è sangue sarà torbido siero. Spenta negli animi la capacità dei grandi fatti, che davano gloria a chi li compiva e incutevan spavento nei nemici, ha preso il suo posto l'ignominiosa spavalderia della bestemmia, che piglia le forme dell' energia ed è un manifesto segno di debolezza. Essa fa pensare a quegli aspetti terribili e. spaventosi che assumono certi animali nei momenti del pericolo, per atterrire e sorprendere e ingannare il nemico. |