s'affaccia e le rughe per qualche istante scompaiono e la fantasia rivagheggia illese le forme in realtà scomparse per sempre.
Quando io rimprovero a Firenze nuova i suoi difetti, i miei lamenti muovono non dall'odio ma dall'amore, che nelle sue invettive è più violento dell'odio; e mi pare in quei momenti d'essere non più un essere solo ossia un individuo, ma due esseri, due individui, dei quali uno parla e l'altro ascolta. Quello che parla è, supponiamo, il padre e l'altro è il figlio. Il padre rimprovera il figlio d'aver perduta la testa per una ragazza che non è degna di tanto suo amore, ed enumera ad uno ad uno tutti i difetti di lei: l'età ormai troppo avanzata, la scarsa dote, qualche voce che corre sul suo conto.... Il figlio ascolta a testa bassa pensoso, senza mai interrompere la voce severa del padre. Ma quando il padre mostra di aver finito, egli alza finalmente la testa e gli dice : — Padre mio, tutto quello che tu. hai detto è vero, e tu hai pienamente ragione, ma a me quella ragazza mi piace e io la voglio sposare.(l)
(1) In fine del manoscritto si legge : " Finito di scrivere oggi 4 settembre alle ore 16 e 40 minuti nel Kursaal-Hòtel di Rapallo. — Anno 1909. »