Cap. I - Origine dei comuni italiani e opinioni varie sulla medesima. 7
mani negli affari di tutto il Regno italico doveano insieme congregarsi e perché soltanto la spada potè assicurare l'esistenza dei comuni ed essa non più era al fianco de' Romani. « Inutili adunque -« conchiude egli - ini sembrano sì fatte interrogazioni, e ciascuno « a sua voglia può trarre l'origine de' comuni d'Italia cosi dalle « moltissime franchigie naturali non dico solo de' Longobardi ma « de' Barbari, come dalle memorie non mai spente dell'antica « Roma ». E più oltre (i): « II nuovissimo comune longobardo », cioè quello sorto nel secolo x per la cessata prevalenza del popolo franco e per opera di Ottone I, come scrive lo stesso (2), « soggiacque all'intelletto romano: allora i comuni d'Italia creb-« bero e si mostrarono ; allora sorse il nuovo popolo non più lon-« gobardo né romano; ma italiano. Gli esempi di Roma cattolica « e di Venezia ingrandirono il comune d'Italia; l'autorità de' ve-« scovi lo rafforzò ; la protezione de' romani pontefici lo condusse « alla gloria ed alla signoria. Grandi mutamenti, ai quali contri-« buirono assai gli studi della dotta ed illustre Bologna ».
ti. Carlo Rezzonico (3), contraddicendo al Troya, ammette come almeno probabile l'esistenza di un comune romano e scrive: « Troviamo il fatto capitale della preesistenza di un comune ro-« mano all'epoca dell' invasione longobarda e della sua più tarda & ricomparsa, senza che esistano prove positive che nel tempo in-« termedio sia stato distrutto ed incorporato nel dominio longo-« bardo ». Suppone quindi due comuni distinti, l'uno tutto longobardo nella campagna, l'altro tutto romano nelle città e più precisamente il romano in alcune città e il longobardo in altre e talvolta l'uno e l'altro a fronte nella stessa città. Tale promiscuità nega poi il Troya nella sua risposta (4) al Rezzonico, affermando unico il comune e composto di Longobardi o di viventi a legge longobarda.
12. Il Bianchi-Giovini (5) scrive poi con sicurezza: « Supporre « che istituzioni esistenti prima dei Longobardi, siano state abolite « dai Longbardi, anzi distrutte, annichilite a tal punto da perderne « la memoria, e che dopo un oblìo di quasi due secoli si sieno « riprodotte alla quasi primitiva loro identità, è uno dei più strani « pensamenti che immaginare si possa ».
(1) TROVA, op. cit., 5 283.
(2) TROVA, op. cit., § 261.
(}) REZZONICO, Osservazioni (sulla cit. op. del Troya), art. 2, § 3.
(4) TROVA, Risposta alle osserva^, del Re^pnico ecc., cap. n, § 11.
(5) BIANCHI-GIOVINI, Storia dei Longobardi, Milano, Civelli, 1846.