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Il Comune Teramano
nella sua vita intima e pubblica
Francesco Savini
Forzani e C., 1895, pagine 612

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   Cap. I - Origine dei comuni italiani e opinioni varie sulla medesima. 9
   16. Il padre Tosti (i), dall'abbattimento della podestà imperiale per opera di san Gregorio VII e da quello seguitone dei grandi feudatari dominanti nelle città, fa sorgere il comune; giacché il popolo, nella cui mente « la vena delle tradizioni romane segui-« tava il suo corso», sollevandosi allora dall'oppressione « per « naturale conforto si ordinò a comune^ ».
   17. Cesare Vignati (2) fa nascere la vita comunale dalla naturale necessità di provvedere a se stesse che aveano le città italiane allorquando, « uscite da una immensa ruina di barbari e da « un fortunoso tramestio di popoli, d'idee, di leggi, di costumi « diversi, costretti a pensare a sé, s'erano rialzate a vita indivi-« duale e aveano saputo dalle proprie istituzioni municipali, a tempo « e vicende opportune, provocare quelle libertà comunali che poti sero le basi di una nuova civiltà e precorsero l'incivilimento « europeo ».
   18. Uno dei più dotti investigatori stranieri delle origini dei nostri municipii, il Bethmann-Hollweg (3), combatte l'opinione surriferita del Savigny sulla continuazione presso i Longobardi della costituzione municipale romana e sostiene una sentenza affatto contraria. Ammette pure contro il Savigny la continuazione di una nazione libera posseditrice di terre, soggiungendo però, che pel silenzio delle leggi longobarde non ci è dato conoscere esattamente le relazioni tra Longobardi e Romani. Crede aneli' egli in fine che i municipii, pur sotto la dominazione longobarda, durassero centro della vita civile ed anzi della costituzione del paese.
   19. Il marchese Gino Capponi (4), al pari di altri scrittori su questa materia, suppone tramandato ai posteri il comune per le consorterie degli artefici tollerate dai Longobardi, i quali lasciarono ai soggetti l'uso del diritto romano nei loro affari personali. Soggiunge inoltre che « dal non essere nelle leggi (longobarde) al-« cun indizio del comune si può indurre che i Longobardi abban-« donassero agi' Italiani la cura delle faccende municipali senza « riconoscere formalmente l'autorità di quegli ordini o ad essi « concedere alcun grado nella costituzione del Regno ».
   (1) TOSTI, Storia, della Lega lombarda, Milano, 1860, p. 79.
   (2) VIGNATI, Storia diplomatica della Lega lombarda, Milano, 1867, p. 21.
   (3) BETHMANN-HOLLWEG, Urspning der lombardiscliai StàdUfreibeit, eine geschichtlichf Untcrsiicbuiig, Bonn, 1846.
   (4) CAPPONI, Sulla dominazione dei Longobardi in Italia, Dissertazioni, estr. da.il'Ardi. stor. Hai. App. n. 7.
   IO Parte I - Prolegomeni alla storia del comune teramano.

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