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a cura di Federico Adamoli Aderisci al progetto!
Venendo poi a dire delle condizioni municipali sotto i Longobardi, scrive che « il non trovarsi menzione nei costoro pochi superstiti documenti dei magistrati comunali non è buona prova contro l'esistenza delle funzioni comunali e delle cure giudiziarie pei minuti interessi, le quali anzi vi restavano come cose prive di alcun diritto politico e solo interne, tacite, consuetudinali » (i). Nega quindi la provenienza dei comuni italiani dalla Germania, ove solo nel secolo x le città cominciarono a goder privilegi munici-palij ed esaminando gli statuti comunali d'Italia nel medio evo, trova in questi tale uniforme e generale fisionomia romana e tale ordine romano di procedura e di diritto civile, che conviene credere alla « persistenza della libertà romana in qualche parte del « popolo italiano anche sotto i Longobardi » (2). E più oltre scrive : « I Longobardi si accamparono in Italia non come naie zione, ma come esercito, quindi non vi poterono trapiantare i « costumi dei gara, gau, tribù o comunità germaniche, le quali « erano poi elementarmente e sostanzialmente diverse dal municipio « italico antico e dal comune del medio evo » (3). Accostandosi alla teoria del Savigny, che ne' comuni italiani vide unicamente una restaurazione degli elementi romani ovvero italici antichi (4), pensa che i Romani non dettero ma confermarono i diritti municipali alle conquistate città d'Italia e soggiunge che : « Disciolti « poi gli ordini politici romani dei municipii, poco per volta, nel « ritessirnento di ordini nuovi, restò il loro scheletro nell' ordito « sociale delle corporazioni delle arti, le quali, nelle città, e parte
22. Finalmente citiamo qui l'opinione che il celebre e testé defunto storico Leopoldo Ranke recentemente manifestata nell'ultima sua opera (6) in questa foggia : « Io credo fermamente nella « durata della costituzione municipale romana, connessa con gli |