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Il Comune Teramano
nella sua vita intima e pubblica
Francesco Savini
Forzani e C., 1895, pagine 612

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   20 Parte I - Prolegomeni alla storia del comune teramano.
   repubbliche dell'alta e media Italia. Non pertanto anche le suddette città interne godevano di libertà municipali, massime dopo la estinzione de* loro principi longobardi : esempio di ciò Benevento che, dopo la morte dell'ultimo suo principe Landolfo VI nel 1077, venuta in poter dei papi, ottenne (se pur non ebbe prima) il governo delle sue cose municipali, per quanto non appaia chiara la estensione di questo. Certo però si è che in quanto al reggimento comunale scorgesi una tal quale analogia tra le città longobarde e le greche « prodotta - dice il Faraglia (i) - dalla vicinanza, dai bi-« sogni e dal tempo, e forse anche dalla comune origine romana ».
   2. Riguardo poi al secondo periodo trascorso sotto i nuovi conquistatori normanni, diremo che le città (massime le marittime più prospere ed indipendenti) perdettero bensì la loro podestà politica, ma serbarono la libertà e i privilegi'! municipali, siccome provano gli esempi di Bari, di Amatfi e di Salerno. « Gli Amalfitani -« scrive il Camera (2) - ad esempio dei Salernitani si diedero egual-« mente a Ruggiero, che salutaron per loro signore, ma con le « stesse condizioni dei Salernitani; cioè di ritenere nelle loro mani « le fortezze e di governarsi con le loro leggi e statuti municipali ». Bari anch'essa, come narra il Petroni (3), ebbe confermate da Ruggiero le antiche consuetudini.
   3. Ciò seguiva nel secolo xn. Ma sul principio del seguente, succeduti gli Svevi ai Normanni, il potente imperatore Federico II, caldo propugnatore dell'autorità sovrana, e gran nemico delle libertà municipali, ch'ei aveva visto nell'alta Italia sì poderosamente volte contro di sé, lasciò alle città del regno quelle consuetudini, che non contrastassero ai diritti supremi dell' Impero. Quindi, stimando egli usurpato dalle città il diritto di eleggersi il podestà, i consoli o i rettori, emanò una costituzione, che aboliva cotal privilegio e, minacciando gravi pene ai trasgressori, stabilì che « offi-« ciales tantum a nostra maiestate statutos, scilicet magistros « iustitiarios, camerarios, baiulos et iudices ubique per regnum « volumus esse, et tara iura nostra quam nostrorum fidelium,
   (1) FARAGLIA, op. cit., p. io.
   (2) CAMIÌRA, Mcm. slor. diphm. d'Amulft, voi. I, pp. 316 e 321, Salerno, 1876; ap. FARAGLIA, p. 8.
   (3) PETRONI, Storia di Bari, voi. I, p. 251 ; ap. FARAGLIA, p. 8. A queste città è mestieri aggiungere 'frani, la quale nel 1139 ebbe riconosciute le sue consuetudini municipali da re Ruggiero I con una capitolazione sotto il notevole titolo di convenzioni. Vedine il testo presso il FI-STA CAMPANILE, Lettera su Traiti a Luigi Volpicdla, Trani, 1856, a p. 24.

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