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Il Comune Teramano
nella sua vita intima e pubblica
Francesco Savini
Forzani e C., 1895, pagine 612

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   Cap. II - Condizioni storiche del comane nell'Italia meridionale. 23
   il diritto municipale prende una nuova forma, e le consuetudini e le tradizioni si mutano in leggi scritte, che sono propriamente gli statuti (i). Egli dette a questi una cotale uniformità sostanziale e le precipue disposizioni del re Ferrante in queste leggi municipali possonsi leggere nell'opera del Faraglia (2). Mentre durava la decadenza dei comuni, aumentavano insieme rarbitrio e le oppressioni de' regii capitani preposti al governo delle città, i quali per far danari perseguitavano e perfino imprigionavano i cittadini, e il nome di università diveniva sempre più schernevole, sendo-chè il ceto patrizio e quello grasso s'impadronivano degli ufficii municipali specialmente ne' luoghi più importanti (3).
   6. Tanto accadeva sotto gli Aragonesi che chiusero, per così dire, l'evo medio nel regno: ma eccoci col secolo xvi entrati nell'epoca moderna e con esso nel sesto periodo comunale, il più triste per le nostre povere terre,;perché trascorse sotto il funesto governo de' viceré spagnuoli. Allora esse patirono l'estremo danno; i viceré e i loro ufficiali, non pensando che a trar danaro dal misero regno, caricavano spieiatamente d'importabili balzelli i soggetti popoli e le università avevano il dolente incarico di riscuoterli; infeudavano essi continuamente le terre demaniali per andare incontro alle spese delle infinite guerre combattute dalla Spagna e dall'Impero. Lo stesso ius praelationis accordato da Carlo V alle città demaniali, pel quale potevano queste scegliere tra il barone compratore ed il regio demanio, riscattandosi in quest'ultimo caso a peso d'oro, non valeva a salvarle ; giacché, se esse talvolta riuscivano con isforzo inaudito a radunare le enormi somme neces-sarie pel riscatto, dovevano spesso, per non poter pagare i contratti debiti, rivendersi da sé a quegli stessi baroni, al cui giogo aveano tentato sfuggire. Inoltre le stesse lotte fra patrizi e popolani per contendersi gli uffizii municipali isterilivano le scarse forze cittadine e gli Spagnuoli, nulla sospettando di velleità d'indipendenza, per parte dei cittadini, volgevansi a favorire i baroni, di cui più avevano da temere (4). Mutavasi quindi l'essenza del reggimento comunale, giacché l'antico diritto di tutte le classi ad in-
   (1) Ciò non si può dir certo de' nostri statuti del 1440, giacché questi e furono compilati prima del regno di Ferrante e, quel che è più, furono nella sostanza una riproduzione di quelli del secolo xin, come dimostrammo altrove (Studio sugli statuti teram. del 1440, Proemio, Firenze, 1889).
   (2) FARAGLIA, op. cit., pp. 124 e 157.
   (3) FARAGLIA, op. cit., pp. 165 e i6j.
   (4) FARAGLIA, op. cit., pp. 178, 191, 198.

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