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Il Comune Teramano
nella sua vita intima e pubblica
Francesco Savini
Forzani e C., 1895, pagine 612

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   42 Parte II - II comune teramano nell'evo antico.
   quali composta dagli antichissimi Umbri, Umbro-Sabelli, cui in parte scacciarono e coi quali in parte si fusero. E l'altra gente, domanderemo noi, quale si fu dessa?- Noi ben potremmo supporla in quegli Etèi-Pelasgi, di cui sopra abbiamo detto, e cosi le varie e diverse opinioni tanto sui Pelasgi quanto sugli Etruschi potrebbero conciliarsi fra loro mettendosi fine insieme alla lunga questione. Certo non avremmo per ciò la sufficiente certezza, ma sino a che noi non arriveremo, non solo a leggere, ma a ben intendere la scrittura etrusca, non potremo uscire dal campo delle ipotesi, più o meno probabili, a cui per ora ci dobbiamo tener paghi.
   8. Checché siasi poi dell!origine di questo gran popolo su cui ci siamo intrattenuti finora, diremo intanto brevemente delle loro precipue magistrature massime civili, giacché queste più da vicino riguardano il compito nostro.
   Gli Etruschi eran legati, come si sa, in una confederazione di dodici città; ad ognuna delle quali era preposto un Lucumone, che gli scrittori latini chiamarono impropriamente Rex; uno di essi eleggevasi poi in comune dai dodici popoli confederati a generalissimo e capo dell'unione. Grandemente aflezionati alla loro forma repubblicana e federale (vecchia e continua tendenza degli Italiani), abbandonavano quelli della loro nazione che chiarivansi riluttanti a siffatte tradizioni, come fecero coi Veienti che vollero eleggersi un re fornito di non ordinaria potestà. Nel governo degli Etruschi e delle altre stirpi itali che predominavano la classe patrizia e la sacerdotale, e la plebe, da quella dipendente ed a questa ossequiosa, non vi avea gran parte. « Nondimeno - osserva qui il Micali (i) -« come la divisione del potere sociale fra tutti i cittadini di una me-« desima patria era stata in origine il verace fondamento della libertà « politica, così il popolo, partecipando alla potestà legislativa, ebbe « mai sempre nelle città un' autorità legale, singolarmente rispetto « ai suffragi, di modo che in ogni luogo si vede chiaramente am-« messa l'essenzial distinzione di patrizi e plebei, quale fu stabi-« lita nelle prime costituzioni di Roma ». In generale poi per ciò che riguarda le leggi civili e politiche degli Etruschi, Pesto (2) ci ammonisce che i loro sacri e sapientissimi codici detti Rituales, stabilivano « quomodo distribuantur » le tribù, le curie e le centurie e attribuivano al diritto pubblico l'edificazione delle città, la consacrazione delle mura e delle porte.
   (1) MICALI, L'Italia av. il dom. del Rom, par. I, cap. xxi.
   (2) FEST., De vettriim verborum significatione, ad voc. « Rituales ».

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