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Contemplazione della morte

Gabriele D'Annunzio
Il Vittoriale degli Italiani, 1941, pagine 124

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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[ Testo della pagina elaborato con OCR ]

   è il mio compagno, del quale si parla nella terza giornate di questo QuatriduOj si precipitò nel mare « perciocché egli era nudo, erat enim nudus ».
   Questi sarà il mio mediatore affinché il Figlio del' l'Uomo mi conduca a riconoscere compiutamente il mio intimo Signore. Così, dopo aver tantato tutti gli iddii, canterò il mio dio verace. E vi manderò il libro di Taigete come lo spiritai fratello del libro di Alcione, composto là dove non era altra croce se non quella degli staggi sospesa su la fumana in un miracol d'oro. Ed è grazia della sorte che questo novo canto s'alzi dall'estremo Occidente, ove « per cento milia perigli » era giunto l'ardore dell'Ulisse dantesco. E il dio voglia che, di con' timo tendendo l'orecchio, riesca io a cogliere il ritmo della grande onda occidentale per mescolare con esso la mia anima italica.
   Ma qual è il Redentore che voi aspettate, che aspet> tano i vostri eguali?
   Forse un nuovo sentimento sacro riempie freschi occhi che non conosco, che non vedrò mai. Talvolta, se ascolto, mi par d'udire pensieri ascendere come l'argento e il cri' stallo di quel vasto coro infantile, che saliva dallo stadio nella città subalpina. Qualcuno scrolla e sfonda porte lontane; e par mi giunga lo strepito indistinto. Qualcuno reca in sé tutta una stirpe occulta e bramosa, che chiede di nascere. E chi sale contro a me, dall'altro declivio del secolo, in silenzio? Colui che io ho annunziato?