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Contemplazione della morte

Gabriele D'Annunzio
Il Vittoriale degli Italiani, 1941, pagine 124

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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[ Testo della pagina elaborato con OCR ]

   Ieri, su l'Atlantico, un'imaginazione mi venne dal ripensare che in Tespia il simulacro di Amore era un < sasso greggio. Anche ripensavo a quegli zòani primitivi, che aveano le gambe congiunte l'una all'altra e con> giunte le braccia lungo i fianchi sino alle cosce. E con/ sideravo la potenza commossa dell'artefice, che primo disgiunse le gambe del dio rude e primo atteggiò al gesto le braccia. Per ciò guardo e interrogo le mani dei gio' vani pensosi, se sien capaci di tagliare il sasso greggio di Tespia. Taluno ha l'aria di aver domito in un tempio e di non voler parlare. E la sua faccia par piena di segni e di segreti come la palma della mano.
   Ada non sempre indarno io ho masticata la foglia del lauro, come gli indovini, pur temendo gli indovinamenti del mio cuore.
   E vengono verso me fantasmi che non si generano dai miei sogni.
   E che può mai essere per me il rinascere, se « io nacqui ogni mattina »? Ora la cosa non è più tra me e l'alba. '
   E ora so che il dio verace è quello a cui non si può disobbedire, quello contro cui non si può commettere peccato. E quello io debbo trovare e conoscere.
   E la qualità della mia fede è tale, che, quando apro il volume della Comedia, io credo aver Dante visitato in carne e in ispirito i tre regni.
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