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Contemplazione della morte

Gabriele D'Annunzio
Il Vittoriale degli Italiani, 1941, pagine 124

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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[ Testo della pagina elaborato con OCR ]

   petto rosso e quelle dal petto bianco » traverà santi pel vano della finestra nel cielo di Pa' squa, mi torna alla memoria una sua parola d'or quindici anni, in cui, — non so perché, — parvemi veder riflesso il baleno del balestruccio meco in un marmo nero levigato. Parlava egli alle volatrici nella favella francescana, e diceva: « Vorrei avere tutto il dì, mentre sto curvo sui libri, negli occhi intenti ad altro, la vertigine d'ombra del vostro volo! » Oggi riodo gli stri4j delle sue compagne sotto le grondaie lontane, e vedo in que' suoi occhi intenti ai altro la vertigine d'ombra. Quella parola ch'egli ere/ deva dire per la sua vita, egli la diceva per la sua morte; e io non sapevo che, fra tante di cui sono immemore, mi fosse penetrata così a dentro e si fosse accresciuta di questa funebre bellezza. Ieri un caso volgare e ammirabile mi diede il modo di assistere continuamente col pensiero il mio amico nella sua agonia. E più tardi, per una rispondenza misteriosa, potetti ascoltare la musica infinita che la sera faceva intorno al suo silenzio.
   Lo credevo quasi guarito, o almeno fuor d'ogni pericolo. Notizie recenti mi assicuravano ch'egli fosse per tornare alle sue consuetudini cotidiane e per riprendere il lavoro disegnato.
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