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Contemplazione della morte

Gabriele D'Annunzio
Il Vittoriale degli Italiani, 1941, pagine 124

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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[ Testo della pagina elaborato con OCR ]

   di potermi offrire l'ospitalità nella sua casa di Castelvecchio, poiché l'acqua il pane e le frutta erano il mio regime consueto di « operaio della parola ».
   Ma la sorte volle ch'io non conoscessi il sapore del pane intriso rimenato e foggiato a crocette, secondo l'usanza di Romagna, dalle mani di Giovanni e di Maria.
   Spesso, alla buona stagione, eravamo vicini; e vedevamo entrambi, al levarci, la Pania e il Monte Forato. Ma non avemmo agio né forse voglia di visitarci, perché ci sembrava pur sem/ pre che qualcosa delle nostre persone facesse, ingombro alla familiarità dei nostri spiriti. Di Boccadarno io gli mandai un di quei coltelli ingegnosi che hanno nel manico tutti gli arnesi del giardiniere, dalle cesoie al potaiolo. Di Ver/ silia gli mandai un'ode curvata in ghirlanda con l'arte mia più leggera.
   come c'incontrammo la prima volta? A Roma, per insidia.
   Già ci amavamo da tempo; e avevamo scambiato molti messaggi affettuosi e quelle lodi acute, d'artiere ad artiere, che s'inseriscono alla cima dello spirito e fanno dimenticare la
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