Stai consultando: ' Contemplazione della morte ', Gabriele D'Annunzio

   

Pagina (22/119)       Pagina_Precedente Pagina_Successiva Indice Copertina      Pagina


Pagina (22/119)       Pagina_Precedente Pagina_Successiva Indice Copertina




Contemplazione della morte

Gabriele D'Annunzio
Il Vittoriale degli Italiani, 1941, pagine 124

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

Aderisci al progetto!

   
[Home Page]




[ Testo della pagina elaborato con OCR ]

   grossezza dei solenni tangheri, i quali oggi in Italia giudicano di poesia. Trovandosi in Roma, egli certo desiderava di vedermi; ma, nel me mento di porre ad effetto il suo proposito, la timidezza lo arrestava; né i nostri amici riesci/ vano a persuaderlo, né io riescivo a scovarlo in alcun luogo. Allora Adolfo de Bosis, il prin/ cipe del silenzio, il nobilissimo signore di quel Convito che fu « presame d'amistade » fra i pochi deliberati d'opporsi alla nuova barbarie ond'era minacciata la terra latina, ricorse a un grazioso stratagemma. Me lo condusse di buo/ n'ora, all'improvviso, nella mia casa, dandogli ad intendere che lo conducesse a veder una statua di Calliope ritrovata nel limo del Tevere la sera innanzi, divinamente levigata da secoli d'acqua.
   Io era in giorni di splendida miseria, abitando nell'antica selleria dei Borghese, tra Ripetta e il Palazzo, tra il fiume torbo e quel « gran eia/ vicembalo d'argento » celebrato in un sonetto dell'adolescenza. La vuota selleria principesca era di così smisurata grandezza, che rammen/ tava la sala padovana del Palazzo della Ragione, se bene mancasse non giustamente in su l'in/ gresso la pietra del vitupero « lapis vituperii et cessionis .honorum ». In tanta vastità io non
   27