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Contemplazione della morte

Gabriele D'Annunzio
Il Vittoriale degli Italiani, 1941, pagine 124

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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[ Testo della pagina elaborato con OCR ]

   fosse presente in quella piccola stanza tranquilla e ordinata, ove certo le mani di Maria avevan dato pace alle pagine scorse; qualcosa che oserei chiamare la presenza del dèmone tecnico.
   In nessun laboratorio d'uomo di lettere m'era avvenuto di sentire la maestria quasi come un potere senza limiti. Penso che nessun artefice moderno abbia posseduto l'arte sua come Gio/ vanni Pascoli la possedeva. La sua esperienza era infinita, la sua destrezza era infallibile, ogni sua invenzione era un profondo ritrovamento. Nessuno meglio di lui sapeva e dimostrava come l'arte non sia se non una magia pratica. « Insegnami qualche segreto, » gli dissi a voce bassa. E volevo soltanto farlo sorridere; ma, in verità, un'ombra di superstizione era sul mio sentimento.
   Egli prese un'altra sedia e venne a sedermisi accanto, dinanzi alla tavola. Parlammo di qualche recente opera. Le sue mani, quando soppesavano i volumi, erano una tremenda bilancia. Dal vigore di certi suoi giudizii ebbi la riprova che il suo spirito era tuttora immune da qualunque debolezza. La sua stima era severa come la sua arte. Mescolando egli un che d'amaro al suo discorso, io gli dissi: « Se hai tempo, và alla pinacoteca e cerca d'una tela del Francia, dove
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