CICALATA
sulla storia letteraria del dialetto Teramano
Vi è stato qualcuno (i) il quale mi ha esortato a far la storia letteraria del nostro dialetto. — Figuratevi se io non vorrei farla! — Ma per scriver bene questa storia, oltre la capacità in me che la debbo scrivere, ci manca un'altra cosa... da nulla..., ci mancano... gli elementi.
Sicuro, gli elementi!... Perché per scrivere la storia letteraria di una lingua, o di un dialetto (locchè è zuppa e pan molle), bisogna che vi siano state persone che abbiano scritto in quella lingua od in quel dialetto ; e bisogna pure che i loro scritti esistano tuttavia.
Ora io non dirò che non siano esistiti Teramani che abbiano scritto nel loro vernacolo, né che le loro scritture non esistano più, perché a me queste negazioni assolute non piacciono affatto; dirò soltanto che io questi scritti non li ho visti, né, per quanto abbia cercato, li ho potuti vedere.
E questo è caso strano per un dialetto italiano, perocché, secondo scrive Federico Diez: « Nessun paese in Europa ha una letteratura dialettale così ricca, come l'Italia (2). »
(1) II critico del Fanfulla della Domenica. Anno II, n. 11.
(2) Grammaire des Langues Romana, trad. par BRACHET ecc. Paris Vie-weg 1877, Tom. I, pag. 81-82.