« garbugliato palinsesto rispetto al leggere un manoscritto or-« dinario (i). »
Eppure egli — ed era F. D'Ovidio —- non doveva occuparsi che della forma attuale e vivente del suo dialetto ! — Che sarà dunque lo scrivere di un simil dialetto la storia, quando dippiù quel che debba scriverla non sia F. D'Ovidio, ma io?
Aggiungete a tutto questo, l'esser venuti solo ai nostri giorni in onore questi studi dialettali, e perciò i dotti vissuti in questa nostra patria non essersi affatto occupati nello studiar il loro dialetto.
Dunque — domando io, — mancano sì o no gli elementi per iscrivere una storia letteraria del nostro dialetto ?
Ma pure dice il proverbio, — ed i proverbi non isbagliano —• che chi cerca, trova; ed io, scartabellando carte e libri antichi, poco sì, ma qualcosa ho trovato.
Però prima di esporre i risultati di queste ricerche, facciamoci ab ovo, ossia dalle origini del nostro dialetto.
Voler dimostrare ora, dopo gli studi dei moderni linguisti che i dialetti italiani sieno originati dalla lingua latina, sarebbe davvero un voler portare vasi a Samo ; ed anch'io, sebbene allora non avessi letto né il Diez, né i suoi scolari, mi sforzai nelle mie Osservazioni (2) a dimostrare la diretta e pura discendenza del nostro dialetto dal latino, e credo d'esserci riuscito, tanto era facile la dimostrazione ! — Ed ora ritornato sui medesimi studi, me ne sono convinto maggiormente.
Anzi dovendo studiare ora l'intima natura del nostro dialetto, e non già come allora; la sola sua simiglianza alla lingua generale d'Italia, ho visto che non solo esso dialetto è simile quanto la lingua Italiana alla Latina, ma ancor più di essa; — e se non temessi di esser preso pe'r un arrogante,
(1) Archiv. glott. i tal. Voi. quarto, Puntata seconda, pag. 145.
(2) Pag. 12 e seguenti.