_ 13 —
popoli che li parlano, non ci sono state unioni di sorta alcuna? — La risposta ve la può dar subito anche a voi il Diez, il quale scrisse, e scrisse benissimo, che « la lingua Valacca, sepa-« rata assai per'tempo dalle altre lingue romanze, non può avere « tolto ad imprestito da queste gli elementi, che ha con esse « comuni ; ma anzi deve possederli, a somiglianzà delle sue « lingue sorelle, come un patrimonio tramandatole dalla lingua « madre, cioè la latina » (i).
E notate che queste nostre affinità col Valacco, non sono affinità lessicali, ma tutte grammaticali; e ci dicono i linguisti odierni, che a dimostrare che più lingue appartengono al medesimo stipite non basta provare che in ciascuna di esse ci sieno parole affini in gran numero a voci, che trovansi nelle altre, ma è necessario addurre analogie fra i sistemi grammaticali di esse lingue, essendo la grammatica, come dice Max Mùller (lett. 2a) sangue ed anima del linguaggio (2); la quale massima ora è divenuta principio metodico supremo dell' odierna linguistica comparativa nella classificazione delle lingue (3).
Ma prima di questi signori, almeno in Italia, Cesare Cantù aveva avvertito la grande parentela fra il Valacco e l'Italiano, e ci aveva fatto conoscere che come i Valacchi sono chiamati ancora Rumani, così noi Italiani siamo chiamati dai Tedeschi Wàlschen, nome affine a Walacben, e dai Polacchi Wolocln, e dai Boemi Wlacb (4).
Ma ritornando a bomba, la cosa notevole è, che queste nostre affinità col Valacco non sono comuni alla lingua latina classica, che, come ho detto, fu ben altra della lingua latina popolare. — Ora dunque resta sempre a spiegarsi, come esse esistano fra due popoli, così l'un dall'altro differenti. — Non
(1) Tom. i, pag. 39-40.
(2) PEZZI, Introd. allo studio della scienza del Ling. ap. La Gramm. Comp.
ài AUG. SCHLEICHER, pag. IX.
(3) Ibid., pag. XIX.
(4) Storia degli Ital., Sec. Ediz., voi. I, append. I, pag. 938.