— 18 -
scelse il Chietino, e fé' notare la differenza che fra questo passava, ed i dialetti Aquilano e Teramano (i).
Bisogna non esser nato in Abruzzo per non avvertire le differenze serie che passano fra ciascun dialetto delle varie sue città e borgate. — Eccoci qui in Teramo ; uscite voi per un momento dalle mura della città, e già solo nel suo contado trovate la fonetica sensibilmente alterata da quella della città. Se poi voi vi spingete innanzi poche altre miglia, e vi recate in mezzo alle popolazioni che abitano più vicino al mare, sentirete la fonetica totalmente variata; ed altra ed altrettanto profonda variazione troverete sol che volgiate a destra e vi inoltriate, sempre restando nel Pretuzio, fra gli abitanti della vallata del Vomano.
Per le quali ragioni anche chi è nato abruzzese, quando voglia ridurre ad un sol tipo il dialetto abruzzese, facilmente prende equivoci. Ne abbiamo avuto testé un esempio luculento nel Vocabolario dell'uso Abruzzese mandato alla luce in questi giorni dall'egregio Dottar Finamore, opera per tutti i riguardi pregevolissima.
Eppure egli, benché abruzzese, benché profondamente versato nella materia, quasi ogni qual volta ha voluto parlare dell'uso speciale Teramano, ha dato in ciampanelle. Colpa non sua certamente, ma del non parlare egli quel dialetto, di cui si occupava. — Eccone un saggio :
i° Vocaboli che non esistono fra noi:— 'Jind — Ariavulle — Carpì] a — Civjiera — Faramelle. — Scaravuscià — Schiafe — Scruccujata — Sciungele. — 2° Befulge, messo come singolare, mentre esso sarebbe il plurale, che neppure si pronuncia così, ma Befùlece. — 3° Cappelà, noi invece Cappià. — 4° Cica, noi veramente Ciche; e non dice che non si adopera se non col-l'articolo indefinito, così: 'na ciche. — 5° Cruscile e gruscile, noi invece Fruscile. — 6° Jone, Ajjumà, mentre noi diciamo
(i) Raccolta di dialetti italiani. Firenze, Tofani, 1864, pag. 356 e seg.