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'Jjombre, Ajjumbrà. — 7° Marcila. Dice che si adopera in Te-ramo; doveva dire nel Teramano ; noi diciamo solo Mammarùllg. — 8° Matreje fatto mascolino p. Padrigno. Da noi si dice, Tatreje al padrigno, e fMatrefe alla, madrigna. Ed anzi han senso più spesso di suocero e suocera. — 9° Fajje (faggio), noi invece Fdhe. — 10° Murchicchìa (morca). Noi Marche^, e rarissimamente Murchicce. — 11° Rese, p. presso, da vicino. Noi invece Rènde da rènde. — 12° Scerte (fichi secchi), noi anzi Flette. Scerte ci è ignota. — 13° Come pure ci è ignoto Pannine. — 14° Vertù, si pronunzia da noi piuttosto Virtù. — 15° Sdejeli non è nostro. — 16° Panaricia, noi non abbiamo, ma Tornadete. — 17° Retrapele per noi ha altro significato da rastrello. — 18° Vinghe, questo sarebbe il plurale di Vengbe, e per noi significa solo, vimine, e non il ramo giovane, il pollone di qualunque albero, come egli dice. — 19° E Zeleca che egli attribuisce solo a Musciano (doveva dire Mosciano) è invece uso più speciale di Teramo, e veramente si deve scrivere Zéhch%, a Mosciano è più in uso Pannane. — 20. Zippera, noi lo pronunziarne con un solo p, cosi: Zipere (i). E basti così.
Ho detto tutto questo, che potrebbe sembrare estraneo ai mio argomento, per cercar di delineare, il men peggio che potevo, la vera fisonomia del nostro dialetto, ed insieme assegnargli il posto che gli compete nella classificazione generale dei dialetti italiani.
Ma ora volgiamoci, che ben n'è tempo, a considerare gli elementi, con cui potere almeno schizzar la storia letteraria del patrio vernacolo; considerazione che è, od almeno dovrebbe essere, l'argomento vero di tutta questa cicalata.
Ho detto già fin dal principio questi elementi esser pochi; e sono pochini davvero. Distinguiamoli in due — documenti — scrittori.
(i) Vocdb. dell'uso Abruzzese compilato dal Dott. cav. G. FINAMORE. Lanciano, Carabba, 1880, passim.