B) PARTICOLARI DELL'INTERNO E LORO STORIA. 29
dell'anima del medico Desiderio Carosi di Amatrice marito della gentildonna teramana Francesca de' Consorti, della quale riproduciamo l'epìtafio del 1637 nella nostra appendice epigrafica (n. 15). Oggi nel Duomo il secondo altare della nave del Vangelo è dedicato al Crocifisso; ma non sappiamo se si trovi nello stesso posto dell'antica cappella di quel titolo, la quale con tante altre andò distrutta nel rinnovamento del 1739.
18. La cappella, che vedesi in fondo alla nave dell'Epistola, porta il nome di S. Filomena dalla prima metà di questo secolo, quando appunto nelle catacombe romane le ossa di quella martire, con la designazione, caso raro, del nome, furono rinvenute e tanta devozione suscitarono in parecchie contrade d'Italia. Non sappiamo l'antico titolo di questa cappella; conosciamo soltanto, che, durante la costruzione del Duomo già mentovata, in essa serbossi il SS. Sacramento.1
19. Ora della più grande cappella del nostro Duomo, ossia del cappellone del protettore della città, San Be-rardo. Rifatto nuovo il Duomo nel 1739 dal vescovo de' Bossi,, i cittadini sentirono il bisogno di erigere dalle fondamenta una grandiosa cappella al loro patrono e, col loro danaro e col concorso del Capitolo, che ne forni l'area nella Canonica, posero mano all'opera. Nell'ossatura generale architettonica fu adottato lo stile classico, a cui già volgevasi il morente secolo xvin; ma la decorazione a stucchi riusci barocca, quasi ultimo olocausto a quel gusto, che, per fortuna dell'arte, anda vasi allora dileguando. Nondimeno appare maestoso ed armonico l'insieme e ricca la doratura, come mostra la nostra fototipia (tav* VI). Ora che scriviamo (novembre del 1898), gli ori in gran parte e tutte le tinte si stanno rinnovando. La cappella fu compiuta nel 1776 e con solenne pompa fu aperta al culto ai 21 di maggio di quell'anno, trasferendo visi le ceneri di San Berardo dal luogo provvisorio, ove serbavansi dopo la ricostruzione rossiana del Duomo, e che era dove ora tro-
1 PALMA, op. cit., voi. II, p. 251.