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Il Duomo di Teramo.
Storia e descrizione
Francesco Savini
Forzani e C. Roma, 1900, pagine 176 (più 29 tavole)

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   6"2 IL DUOMO DI TES.AMO
   degli archi e in genere la linea orizzontale propria dello stile romanzo o lombardo.
   Siffatte considerazioni artistiche possono in colai modo avvalorarsi con le notizie storielle, che possediamo intorno alle argenterie della cattedrale. Di vero nella lista, già da noi accennata (§ 37), degli argenti rubati alla medesima nel 1416, non si fa parola del busto, né del braccio di San Berardo; si mentovano invece un ricco paliotto, ed altri oggetti. È uopo quindi dire o che i saccheggiatori rispettassero quelle sacre reliquie perché tali, oppure perché esse non avessero teche così preziose come le attuali; potrebbe anche supporsi che le intralasciassero, come dovettero certo trascurare altre suppellettili preziose: giacché non si può credere che il tesoro del Duomo allora sì ricco, come abbiamo veduto (§ 37) col Muzii, racchiudesse solo gii oggetti involati, giusta il necrologio, da' predoni francesi. E così l'argomento storico appare assai incerto; resta però validissimo quello artistico da noi addotto, per dimostrar fattura, o almeno rifazione, del Quattrocento il semibusto di San Berardo.
   43. Un altro notevolissimo oggetto, terzo, a quanto pare, superstite ed intatto dell'inventario del 1482, si è la crocetta-reliquiario latina tutta d'argento dorato. Di foggia è gotica ed è trifogliata alle quattro estremità; è forata in queste e nel centro a scopo di apposizione di reliquie, ivi custodite con doppio vetro. Ha l'altezza di m. 0. 28 e la larghezza di m. 0.12 compreso il piede moderno. Il foro centrale, in forma di flnestretta ad arco trilobato contiene un pezzo d'osso di San Berardo; nei tre bràcci minori tre fori quadrilobati contengono, secondo le relative inscrizioni, i frammenti ossei di San Tranquillino, di San Na-borre e di San Filippo; e a piedi un foro a flnestretta biar-cuata ha un'altra reliquia, su cui non si legge più il nome. Il lettore ne avrà un'idea più precisa di questa nostra descrizione in una fedele fototipia, che in fine riproduciamo (tav. XIV). Intanto gli diremo che noi pensiamo che questo cimelio, pel suo stile schiettamente quattrocentista, dovendo dalla sua fattura essere appartenuto al tesoro del

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