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HATRIA = ATRI

Dr. Luigi Sorricchio
Tipografia del Senato Roma , 1911, pagine 324

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   CAPITOLO III.
   29
   sempio di Roma, dalla storia successiva di Atri. Quivi, Ano all'epoca napoleonica (1806), possiamo dire che immutabilmente, senza interruzione, il governo del comune è rimasto nell'assemblea ereditaria di un corpo di cittadini ritenuti quasi autoctoni, con una grande diffidenza verso gli elementi forestieri, col potere esecutivo affidato a due o tre individui sorteggiati bimestralmente o trimestralmente, e con magistrati che non potevano rimanere in carica più di un anno.
   III. Religione. — Il principio agnostico della sovranità celeste era personificato dagli Atriani in Adrano, lo stesso che Zeus dei Greci, che partecipava della natura di Ares, dio della guerra, e di Hefestos, dio del fuoco. Esso è detto, infatti, dio della guerra e del fuoco. Per mezzo della guerra e del fuoco, come insegna anche la favola di Prometeo, potevano concepire gli antichi la creazione dell' universo. Adrano è quindi il più antico nume degli Atriani, l'origine della schiatta e di tutte le cose.
   L'immigrazione pelasgica portò in seguito il Giove Do-doneo, lo stesso che Adrano e che Zeus. I Palici, che materializzano il principio cosmico dell' acqua sorgiva e presiedono quindi alle fonti ed ai laghi, son dati per figli, tanto ad Adrano che a Giove, come a Vulcano o Efesto. I Pelasgi, esperti navigatori, recarono il culto delle divinità marine ed i miti nautici. Tra questi, principale è quello delle Gorgoni, delle quali è d' uopo conoscere la genealogia per interpretare le monete. Da Forco o Gorgo, figlio di Ponto e di Ghe, cioè del Mare e della Terra, e da Ceto, sua sorella, belimi marina, nacquero le tre Gorgoni : Medusa, Euriala e Steno. Medusa era bellissima per le sue chiome. Nettuno se ne invaghi e la fece sua nel tempio di Minerva, procreando il Pegaso. Minerva, offesa dal sacrilegio, cambiò i capelli di Medusa in serpi.
   Altro mito nautico degli Atriani, presso i quali ancor vivo lo rinviene Strabone ai suoi tempi (lib. I), era quello degli