CAPITOLO III.
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vavasi più spesso d'accordo con Atri, ed è quasi certo che Ancona divideva interamente i sentimenti di Ascoli. Tanto almeno può arguirsi da quanto più tardi accadde. I Piceni, male accolti da Roma nell'alleanza e riluttanti essi stessi, almeno in parte, ad entrarvi; situati tra gli Umbri ed i Galli, per quella ragione per cui venivano tollerati dai Romani, dovevano essere più vivamente ricercati dai Sanniti. Questi eroi d'Italia non cercavano pace, che per riaversi dai colpi del fiero destino ; ma, ripreso appena fiato, lottatori indomabili, si rialzavano per la pugna novella. Sentito il fermento dei Celti e degli Etruschi, visto tuttora libero il passo per l'Etruria a causa della non compiuta costruzione delle fortezze e delle strade, parve loro di poter ancora salvare la libertà. E l'avrebbero salvata, e nessuno può dire che cosa sarebbe avvenuto di Roma, se alle piccole ma bellicose popolazioni del centro, Marsi, Equi, Sabini, e se agli Etruschi ed ai Galli si fossero congiunti i Piceni. Costoro furono quindi caldamente sollecitati dai Sanniti. Nelle loro mani era l'esito della guerra.
In seno alla confederazione picena fuvvi grande contrasto fra l'uno e l'altro partito. In ultimo prevalse quello favorevole a Roma, caldeggiato da Atri, mentre l'avverso dovè essere capitanato da Ascoli. I Piceni mandarono ad avvertire il Senato romano di queste mene dei Sanniti ed a raffermare la loro fede. Però, come vedremo, non erano unanimi. Il Senato li ringraziò e preparò l'esercito del Sannio che mosse contro i Lucani, tornati ai Sanniti, 1 ed intavolò trattative per eliminare dai nemici gli Etruschi (456-298). I Sanniti, a stornare il pericolo di quella pace, promisero e mandarono in Etruria il loro maggiore esercito, condotto da Gelio Ignazio, riuscendo con esso a rinfrancare i Toschi, che, riunita la loro assemblea federale, acconsentirono a perseverare nelle armi. — Che facevano frattanto i Piceni ? La federazione loro era
1 Livio, Dee. 1, X, 11.
Sorricchio.
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