282 LIBRO V - CIVILTÀ E COLTURA ATRI ANO-ROMAN A
Tunc qua vitiferos domitat Praetutia pnbes Laeta laboris agros . ..
(VI, v. 570-71).
I vini atriani e pretuzziani si esportavano largamente per l'Italia ed in Grecia, come rilevasi dagli autori ora citati e da un' importante epigrafe : di ciò parleremo al paragrafo del commercio e dell' industria.
Intorno a Monte Giove la coltura doveva essere intensiva; forse quella plaga venendo giù sulla destra fino alla foce del Vomano era seminata a grano. Nel nome di Cermignano trovasi, come vedemmo, la radice dell' appellativo di Cerere, la dea delle biade, che da quel luogo eminente le avrà salvaguardate e protette. Uguale indizio agrario abbiamo nel-1' esteso culto di Priapo, divinità assenzialmente agreste, che vigilava sugli orti e sulle semenze.
II sacro olivo si sarà coltivato, come oggi, principalmente al confine dei Vestini (.Pinnmnque rirentem. Sil., VIII, 515).
Dicemmo che la pastorizia procedeva di pari passo col-l'agricoltura. L'animale armentizio più comune era la pecora: a mandre i nostri ovini fin dagli antichissimi tempi, come ci fa sapere Catone (De re rustica, II-1, 16, 2, 9) scendevano dalle pendici per andare a svernare nell'Apulia, un costume che dura tuttora e non è stato senza conseguenze per la storia nostra. 1 La pecora come la gallina, secondo vedemmo in Ecateo ed in Stefano Bizantino, era in Atri straordinariamente feconda. La prima produceva talvolta fino a cinque e più agnelli in un anno. Eustachio, che annota Dionigi Periegete, è più modesto e più credibile : « È Atri « città molto illustre (egli scrive) e da essa si nomina il mare « Adriatico ed anche il fiume. È quella regione celebrata per « la fecondità delle pecore al punto che due volte in un
1 Cfr. Grénier A. La transhumance dea troupeaiix en Italie, 1905, Mèi. d'ardi, et d'hist., voi. XXV.