CAPITOLO III.
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« anno si figliano ed a coppie ». Plinio torna a dirci delle galline che Ecateo e Stefano ci dipingono piccolissime : Est autem tanta faecunditas, ut aliquae (gallinae) et sexagena pariant, aliquae quotidie, aliquae bis die, aliquae in tantum ut effaetue moriantur. Hadrianis laus maxima.
Prima di Plinio aveva detto la stessa cosa Aristotile (da cui forse tolse Plinio) nella Storia degli animali (VI, 1. 1), aggiungendo che le galline atriane sono così feroci che spesso uccidono i proprii nati.
Non ripeteremo qui tutti gli argomenti che, contrariamente a quanto dubitativamente ne scrive il Mommsen (Corpus Ins. Lat. IX, Cir. Hadria, n. 3), ci pare che militano per ascrivere il passo di Stefano Bizantino e di conseguenza questo di Plinio sulle galline, alle nostra Atri e non all'Adria veneta. Ci limiteremo ad enumerarli, riassumendo: 1° l'omonimia della città, del mare, del fiume (Atri, Adriatico, Matrino) e la sua vicinanza al mare, mentre la veneta ne dista 25 e più chilometri; 2° la monetazione (emblema del sestante); 3' poco di etrusco essersi trovato in Atri ; 4° il nome più comune degli abitanti è atriano, adriano; 5° i passi di Tzetze e di Eustazio stesso, che avvicinano la città di cui trattano nel primo luogo, al mare Ionio ed alla terra degli Ausonii. Tutte queste particolarità corrispondono all'indicazione di Stefano per la città picena. Viceversa nel secondo luogo si parla di un Urbs Ti/rraenia, quale è stata la città veneta e mai la picena, e di cittadini che diconsi anche oggi comunemente adresi ed adriesì, come mai sono stati chiamati i nostri, e di altre condizioni, come quelle della supposta terza Adria dei Boi Celti, le quali si attagliano perfettamente alla veneta città e non alla nostra. Ma il soggetto qui è limitato alle galline piccole e feconde, alla gloria del pollaio come dice il Delfico, 1 e di tutti i suddetti argomenti ci basterà assumerne uno solo, il più decisivo: l'immagine del dome-
i Dell 'an tica numismatica della città di Atri, ecc., op. cit., pag. 34.