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La Contea di Apruzio e i suoi conti
Storia teramana dell'Alto Medioevo
Francesco Savini
Forzani & C. Tipografi del Senato, 1905, pagine 271

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   naldo la podesteria, o capitania che t'osse, di Atri e la contea di Loreto. Ma qui non finirono le sventure di Rinaldo: chè egli, come prova l'ora esaminata lettera del 1264 di Urbano IV (§ 3), dovè perdere ancora la libertà e poi la vita con l'essere appiccato (« suspondi»).
   6. Ei però non mai possedette l'avita contea di Apruzio per quanto l'Antinori (1), forse inavvertitamente, e su lui il Palma (2) lo dicano conte aprutino. Difatti quella contea fu tolta per sempre alla sua famiglia durante la vita del padre conte Monaldo, come al luogo di costui (n. XX, t; 3) abbiamo veduto, uè mai egli, nò il fratello Roberto nelle due lettere papali del 1252 e del 1261. che sono i soli documenti che nominatamente lì riguar dano, trovansi fregiati del titolo di conti, titolo ch'ivi invece adorna il nome di Monaldo. Rinaldo II dunque, in quanto a titoli e a possessi feudali, fu solamente conte di Loreto nel pennese per autorità de'papi e durante il breve periodo della costoro signoria nel regno. In quanto poi a governo di territorii o di città, egli ebbe soltanto, pure per elezione de'pontefici, la podesteria in Atri; signoria e governo, che, giusta il nostro racconto, gli riuscirono cosi fatali.
   Nè per altro la facoltà, che abbiamo veduto (§ 2) conferita a lui e al fratello Roberto da Innocenzo IV. di succedere « in bonis » del loro genitore conte Monaldo « ac ea libere retinere », può supporsi estesa alla contea di Apruzio; giacché questa per la sua importanza, nel caso di reintegrazione, sarebbe stara senza fallo mentovata e non sottintesa nella modesta e generica parola di « bona. » ed inoltre, in quel caso, il papa, che avesse restituito ai due fratelli la contea, avrebbe dato loro
   (1) Axtinori, op. cit. voi. TI, p. 112.
   i2) Palma, op. cit, voi. II, cap. XXXIV.