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GIUSEPPE DEVINCENZI
re ') E dappoiché il Condillac non altra potenza vedeva nella mente umana dalla sensazione in fuora l'uomo fu da lui e dai suoi seguaci disfigurato. Che in cambio di esaminare tutte le potenze e facoltà della mente umana non ve ne vennero considerando che una sola, nella quale credettero di veder raccolte tutto le altre. Onde in questa scuola si tralasciò di esamiuare molti fatti della nostra mente, ed assai altri furono a pena toccati. Il perchè dice Dugald Stewart, che la Francia era a quei tempi assai poco acconcia allo studio della filosofia 2). Di poi essendosi per i politici mutamenti colà avvenuti lasciato dall'un de' lati le filosofiche speculazioni e le metafisiche astrattezze, finalmente quasi nel cominciar di questo secolo di nuovo furou ripresi questi studi. Ma siccome la filosofia del Condillac era in voga per innanzi, uè era stata abbandonata volontariamente e perchè fosse stata conosciuta difettosa, ma sì bene per le politiche cure, così non prima tornaron le menti a questi studi, che quella scuola tornò un'altra volta a fiorire. E questa fu veramente la più splendida età della scuola del Condillac, ed una delle più rinomate negli annali della filosofia; che allora eran suoi seguaci Destutt de Tracy, Cabanis, Volney, Maine de Biran, Laromiguière, Degerando, Garat, Droz, Lan-cellin, e molti altri valorosissimi filosofi.
Ma questa scuola era in molte parti, come dicemmo innanzi, assai difettosa, ed insin dal principio avea avuto tra' suoi seguaci un La Mettrie, un Helvetius, un Holbach e molti altri arditissimi spiriti, i quali, segnatamente in morale, sì innanzi spinsero i suoi principi che, dove credevano di arrecarle giovamento, a farla del tutto rovinare la condussero, Laonde insino a che durò quella bramosìa di novità, che tutto quello che era l'opera delle passate generazioni faceva spregiare e distruggere, siffatte dottrine furon
') Dicea Avenoe: Aristoteli» doctrina est summa veritas, quoniam ejus
tnlelledus fiat finis Immani tnlellectus. Quare bene dicituv, quod fuit creatus
et datus iwbis divina providentia, ut sciemus quidquid potest scivi. De Ani., cap. VI, hb. II.
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