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GIUSEPPE DE VINCENZI
metri (2,11) l)ì NTè ai mezzadri ed agli altri coltivatori la vi-glia suole spesso tornare di maggior utilità che al proprietario. Da molti casi, che abbiam presi a considerare, ci risulta, che non si coltiverebbe più in molte nostre Provincie la vigna cogli attuali sistemi senza il fatto che il coltivare spesso spende in lavori più di quello che raccoglie in prodotti, e il proprietario sovente dimentica che gli costi la terra.
In ogni industria e specialmente in agricoltura la più svariata e malagevole fra tutte le altre, l'aritmetica no deb-b'essere di guida; e finché i proprietari ed i coltivatori non si abitueranno a far bene i loro conti per conoscere se le coltivazioni apportino benefici o perdite, spesso ove credono trovar prosperità, non rinverranno che ruiue. Sventuratamente ciò accade in non poche parti d'Italia ai viticoltori; onde non di rado sentiamo offenderci l'orecchio due proverbi; uno sconcissimo per la vigna, che non vogliamo qui ripetere, assimilandola alla più lurida e schifosa delle malattie, e l'altro sul vino che dice: negozio del vino, negozio del meschino. Noi in questo caso non diremo col Vico, essere i proverbi la sapienza del genere umano; ma certo esprimono un'opinione più o meno volgare, e le vigne, come sono coltivate in molte nostre contrade, non contraddicono a questi adagi.
Ora, ricapitolando seguiteremo a ragionare delle vigne coltivate razionalmente. Come in gran parte dicemmo, noi spendiamo pel piantamento di un ettaro di vigne e ne ri-tragghiamo ciò che segue:
DARE.
l.° anno.
Scassato da 50 a 60 eentrimetri di profondità. L. 140
Sovescio........ 58,50
Secondi lavori...... 50
Barbatelle 10 mila .... 50
Piantagione........
Al riporto L. 236,50
') Inch, agrarAtti; Voi. XI, T. I, p. 181.