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Opere Complete
Volume Terzo
Giuseppe Devincenzi
Giovanni Fabbri Editore, 1914, pagine 465

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   note ed aggiunte
   455
   alcuno già trascorse molto tempo, e molti vantaggi economici e politici anelarono perduti.
   Non sembra però cbe sarebbe stato un errore, se il nostro Governo avesse almeno fatto come in Algeria fece il Governo francese, il quale accordando alcuni favori per la coltivazione del cotone attirò in que' suoi possedimenti anche il concorso di capitali stranieri.
   Molte ed utili combinazioni con pratico criterio si sarebbero potute fare con i beni demaniali. Ma ci rincresce dover anche a questo riguardo esprimere contraria opinione sui risultati che si attendono dalla legge 21 agosto 1862. Questa legge, che autorizza l'alienazione de' beni posseduti dallo Stato, è subordinata a siffatte condizioni (art. 3) che, in quanto ai beni rurali, non potrà su di essi attirarsi se non una concorrenza circoscritta in limiti assai ristretti. Ne verrà danno da ciò in più modi. Minor prezzo ricaverà lo Stato, se pure non senza indugi e stenti potrà farsene la vendita. I capitali stranieri non prenderanno parte in acquisti di tal sorta. Sono i scarsi capitali del paese che verranno chiamati a sperperarsi su que' terreni, nel mentre che la maggior parte delle terre che sono già di privato dominio vedesi bisognevole di essere ristorata con abbondanti capitali. Uno de' più gravi vizii della nostra agricoltura è quello di non mantenere le debite proporzioni tra superfìcie e capitale. La legge di cui per incidenza facciamo or cenno tende ad accrescere questo male che è già assai grande. Se questa è una verità di fatto, perchè non dovremmo sperare che la nostra voce penetri dove si stanno elaborando le disposizioni speciali per l'alienazione del Tavoliere di Puglia, della Sila di Calabria e delle Maremme?
   Ma se è desiderio che si faccia bene, è anche necessità il far presto, essendo specialmente questi luoghi fra ì migliori per la coltivazione del cotone, su cui ormai trascorsero infruttuosamente quasi due anni. Perfino gl'Indiani, che si reputano popoli indolentissimi, nel 1860 importarono in Europa 500 mila balle di cotone, ed in quest'anno accrebbero l'importazione del doppio. E noi Italiani finora, invece della coltivazione del cotone, siamo arrivati ad avere