DI PANCRAZIO PALMA 555
col titolo « Commercio scientifico », e nel secolo attuale il sig. Cornacchia pubblicò le « osservazioni sulle cagioni del decadimento dell'agricoltura della provincia » ed altre o-perette.
Or queste produzioni recano la più trista idea della nostra civile ed economica esistenza. Le prime perché erano costrette a descrivere le miserie vere in quell'epoca cagionate dai distruttori stabilimenti de' quali chiedevano l'abolizione; le seconde perché dettate cogli occhi rivolti ad altri ammirati paesi ove credendo vedere il meglio lo anelavano per la loro patria. Ma fra i novissimi si distinse 1' autore di una memoria premiata dalla nostra società nel 1820. Certamente egli scriveva pieno di zelo per la maggior prosperità del suo paese, ma era così esagerato il suo stile, sì poco mostratasi istruito dello stato vero dell'agricoltura che, per dirne una fra cento, asserì che la nostra provincia non raccoglieva il grano sufficiente al consumo degli abitanti e che per la mancanza di foraggio talvolta si dava agli animali il grano in erba! Eppure quando tali cose ei pubblicava e per alcuni anni appresso, i proprietarì de' grani erano alla disperazione per doverli vendere otto o dieci carlini al tomolo! Credevano i riferiti scrittori che col vituperare la nostra industria sarebbesi scossa e cambiata in solerzia da essi creduta ignavia. Intanto non furono e non potevano essere ascoltati; che per migliorare la coudizione de' campì vi vuoi altro che diatribe, prediche o precetti teoretici: ma rimasero le idee delle dipinte miserie e rozzezze.
E quella esagerazione dello smisurato gonfiamento de' nostri fiumi, del cambiamento de' loro alvei, del pericolo del loro guado provenne dalla filantropia di coloro che adoperarono tai tetri colori colla speranza di muovere il real governo e la direzione generale a fabbricar ponti: ma n'è venuto appunto il contrario, attesoché tali rettoriche figure dei nostri provinciali hanno servito di ragione per non tentarsene la costruzione mentre non vi ha altro di vero se non che le nostre riviere, verso le foci, spinte dalle correnti di greco levante dell'Adriatico che vi formano una barra, ro-